A cura di Antonio De Simone

Jerry Ericksen 20 dicembre 1924 - 12 giugno 2021 

Jerry Ericksen ci ha lasciato nei giorni scorsi, a 97 anni, ma non smetterà di accompagnarci ancora a lungo, grazie alla longevità dei suoi contributi scientifici. 

Non sta a me ricordarli. In una recente intervista del 2013, disponibile sul sito https://www.newton.ac.uk/seminar/20130530110012001/, John Ball discute con lui di cristalli liquidi.

Personalmente sono stato investito da un tema da lui iniziato nella seconda meta degli anni 70, sulla meccanica di solidi (cristallini e non) soggetti a grandi deformazioni per effetto di trasformazioni di fase. Ne è risultato un filone di ricerca internazionale di grande fecondità e l’aggiunta di un gioiello della corona all’antologia dei casi di successo della elasticità non-lineare. 

Il suo discorso di accettazione per la Timoshenko medal del 1979: https://imechanica.org/node/10396 è un’altra fonte per ricordare lo scienziato e l’uomo. Da leggere e rileggere. 

Volevo appunto fermarmi un attimo a ricordare l’uomo, e il suo stile inimitabile nel gestire la sua statura di grande scienziato. 

Indimenticabile il suo sorriso sornione, nel privato delle riunioni settimanali che concedeva a chi, come me, ha avuto il privilegio immenso di lavorare come suo research assistant, o nei momenti più pubblici del question time dei mitici seminari interni del martedì pomeriggio a Minneapolis (durante il quale si nascondeva un po’ dietro il fumo di una pipa accesa).

Quel sorriso sornione era la manifestazione esteriore del suo modo di essere un “padre” (e poi un collega, ma sempre maestro) esigente. 

E poi la qualità oracolare della sue parole (lo chiamavamo segretamente “l’oracolo”). Le parole dette a voce, a commento delle idee di altri, e quelle scritte nei suoi articoli scientifici per illustrare le idee sue (non amava scrivere, preferiva pensare). Le sue verità erano profonde e complesse. Come quelle che vivono male se intrappolate in una sentenza, e danno il meglio di se quando vengono solo evocate, da lontano, nel silenzio. 

Quelli che hanno avuto la fortuna di consultarlo a proposito di una questione scientifica dichiarano, invariabilmente, di aver capito cosa volesse dire veramente solo dopo alcuni anni.

La certezza che questo succederà ancora, a me e a chiunque vorrà rileggere i suoi scritti o ripensare alle sue parole, rende la notizia della scomparsa di Jerry Ericksen un po’ meno triste.

 


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